“PARLARE L’AMORE”: UN’IPOTESI PER LA CONSULENZA FAMILIARE

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Insieme con Don Ermanno abbiamo progettato e realizzato per il Cispef il Seminario Intensivo “I 5 linguaggi dell’amore”, tenutosi a Silvi il 26 marzo e ispirato all’omonimo libro di Gary Chapman.

L’autore individua cinque particolari modi di parlare l’amore, che esprimono la personalità di ciascuno.

Tuttavia da questa esperienza sono scaturite in me alcune riflessioni.

Ci sono persone che non sanno “parlare l’amore” o che semplicemente parlano la lingua che è stata loro insegnata e che, non necessariamente, risponde ai propri desideri e al proprio temperamento.

Chi è vissuto in situazioni affettivamente deprivate probabilmente avrà difficoltà a parlare un linguaggio mai appreso. Per questo è importante non dare per scontato che tutti sappiano “parlare l’amore”.

Molto spesso il desiderio sincero e anche forte di voler amare, trova il suo principale ostacolo nella incapacità di esprimerlo. La persona si trova chiusa nella sua modalità deprivata e fatica a trovare un ponte tra quello che “sente dentro” e quello che “arriva fuori”.

Il maggior motivo di disarmonia tra le persone, nasce a volte, proprio da questo gap: io “vorrei” amare ma non sono in grado di far giungere all’altro la mia emozione, non perché non la provi, ma semplicemente perché non conosco la strada per farla venir fuori.

Se pensiamo ad una persona che arriva al lavoro con lo sguardo truce e l’apparente voglia di fucilare il primo che passi, viene spontaneo credere che il suo problema si radichi nel profondo e cioè nelle esperienze vissute che non lo hanno aiutato a sviluppare col mondo e con gli altri una relazione di fiducia e di apertura.

Molto spesso però questo atteggiamento esteriore che tutti sono pronti a percepire come negativo, non corrisponde a una reale intenzione dell’interlocutore che, nel suo personale percorso esistenziale, può anche aver superato nodi problematici di tipo affettivo, ma continua però a trovarsi ingabbiato in una serie di messaggi non verbali ormai appresi e radicati e dai quali non riesce a prescindere.

Ci potremmo così trovare di fronte al caso di una persona interiormente cambiata o in evoluzione, che però rimane vincolata a forme espressive non più aderenti alla sua attuale condizione.

Questa cosa può rivelarsi molto depotenziante in quanto la persona che comincia a raccogliere dentro di sé frutti nuovi di cambiamento, in virtù delle antiche sinapsi che manifestano all’esterno le vecchie modalità espressive, potrebbe mantenere ancora in vita atteggiamenti non più messi in discussione.

Per questo nell’ambito della consulenza familiare potrebbe essere importante dedicare una sezione dell’intervento proprio all’approfondimento del proprio “linguaggio dell’amore”, affinché la persona ne prenda coscienza e scelga, in concomitanza con gli obiettivi del contratto, di cambiare in parallelo anche il proprio modo di “parlare l’amore”.

Se è vero che questo molte volte già avviene ed è il frutto naturale del cambiamento, è anche vero che in alcune circostanze l’attitudine ad esprimersi secondo certe modalità tarda a morire. Questo dipende dalla duttilità della persona e dalla sua attitudine a rimanere più o meno “fissato” a vecchie modalità espressive. E’ innegabile che ci siano tipologie di persone più elastiche e flessibili e quindi più predisposte a rivedere i propri schemi di comportamento e persone che sono invece più rigide e ancorate agli schemi appresi nell’infanzia. Per le persone elastiche e flessibili, il passaggio da una forma comunicativa ad un’altra, probabilmente va di pari passo con il cambiamento della propria sensibilità e con l’evoluzione del proprio percorso. Per persone più rigide, invece, può essere difficile adeguare le proprie manifestazioni esteriori a cambiamenti in atto nella propria interiorità.

Un’attenzione non focalizzata sul “linguaggio dell’amore” può ritardare a lungo gli effetti auspicati di un cambiamento positivo. E’ per questo che una riflessione mirata sul proprio linguaggio dell’amore può rivelarsi senza dubbio efficace per accelerare un cambiamento della persona verso l’autonomia, la spontaneità e l’efficacia, che sono il fine ultimo del percorso di consulenza .

Nell’ambito della consulenza familiare potrebbe essere importante focalizzare che molti comportamenti indesiderati affondano le proprie radici in linguaggi che non comunicano amore e che sono stati appresi nell’infanzia.

Riagganciandoci al copione, si apre tutto un capitolo sull’apprendimento del linguaggio dell’amore.

Laddove si è vissuti in famiglie poco tattili o poco gentili, o poco generose, o poco emotive, o poco servizievoli, si capisce bene che i 5 linguaggi non saranno stati appresi per niente oppure in maniera incompleta.

Mentre “incontrare” la lingua del coniuge ed apprenderla può servire a migliorare la relazione di coppia, tuttavia resta oscuro il collegamento tra la propria essenza reale e il linguaggio dell’amore che viene correntemente parlato per apprendimento indotto.

Volendosi sganciare dal proprio copione, diventa un obiettivo preliminare, focalizzare il linguaggio dell’amore da cui ci si vuole distaccare ed orientarsi a ricercare il “proprio” linguaggio e cioè quello che risponde meglio al nostro temperamento.

E’ chiaro che questo obiettivo può nascere solo una volta che sia già iniziato il cambiamento e ci sia perciò lo stimolo a cercare “strade nuove” da percorrere e attraverso cui esprimersi.

La consulenza familiare potrebbe rivelarsi una sede privilegiata per sperimentare nuovi linguaggi d’amore di cui appropriarsi in una maniera nuova e potenziante.

Condurre uno studio sui vari tipi di linguaggio ed indurre una riflessione su quello che più risponde alla propria originale natura, può aiutare il processo di liberazione e condurre il cliente ad una interessante ricerca su quella che sarebbe la propria preferenziale modalità di espressione dell’ amore.

Cominciando dalle scuole medie, si potrebbero proporre agli allievi degli stimoli a cui rispondere scegliendo una delle cinque modalità indicate e correlate ai 5 linguaggi dell’amore.

Sarà importante assicurare ai ragazzi uno spazio libero da pensieri condizionanti affinché ciascuno trovi la sua risposta in maniera originale e assecondando il proprio cuore. Certo, il collegamento tra “istruzione familiare” e “risposta affettiva” può essere molto condizionante. Sarà importante, però, offrire ai ragazzi la possibilità di conoscere risposte alternative ai consueti schemi di risposta emotiva appresi in famiglia. In tal senso favorire nella classe la possibilità di incontro tra i vari linguaggi, può risultare uno stimolo importante per avere davanti delle alternative, a cui guardare con occhi nuovi.

Esempio:

Se vedi piangere la tua compagna di banco cosa ti viene più spontaneo fare?

  1. Abbracciarla (Contatto fisico)
  2. Rassicurarla (Parole di rassicurazione)
  3. Aiutarla a sistemare le sue cose (Gesti di servizio)
  4. Darle una caramella (Doni)
  5. Proporle di trascorrere insieme il pomeriggio (Momenti speciali)

 

PATRIZIA COTTICELLI

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