Il tempo vola: prenota il tuo biglietto!

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Facile sfuggirli, difficile ritrovarsi dentro. Questa non è una massima, ma un pensiero – forse comune – riguardante l’approccio dell’uomo rispetto ad una delle sue dimensioni più intime: l’interiorizzazione del tempo. Nella società contemporanea, continuamente ci viene chiesto di dire qualcosa su noi stessi attraverso pratiche che vanno a formare la nostra quotidianità con immediati risvolti etici; quest’ultimi danno vita ad un ‘regime’ di soggettivazione che, inquadra l’identità del soggetto per poi restituirlo ad una sua – presunta – verità. In altri termini, tecniche utilizzate per instaurare un rapporto con il proprio sé. Ma è veramente possibile riconoscersi in delle trame soggettivistiche che tentano di fare dell’uomo una creatura neutrale? L’omologazione aspira proprio a questo, a ridurre il molteplice in unità per mezzo di spinte individualistiche che non mirano alla coesione ma alla separazione, in primis dal proprio Io. Si è passati infatti dal precetto delfico del «conosci te stesso» al «fatti conoscere», dalla cura di sé al “non ho tempo per me”.

È l’eco dei grandi maestri dell’antica Grecia a risuonare su questo campo – ad oggi – poco esplorato o evitato: il Carpe Diem oraziano o le Epistulae ad Lucilium di Seneca, sottolineano la necessità di un cammino atto alla conoscenza e all’autonomia di sé, partendo da una consapevolezza fondamentale ovvero, il fluire del tempo. Presupposto fondamentale per gli Stoici i quali, non insegnano a vivere con superficialità ma al contrario, aiutano il discepolo a costituirsi muovendo dalla sua volontà e conferendo a quest’ultima un’ethos preciso. L’accesso alla verità dell’anima non è solo un processo di soggettivazione – positivo – poiché l’uomo si riconosce soggetto e non oggetto della sua crescita, protagonista e non spettatore ma, garantisce un controllo vigile su tutto ciò che può intaccare la felicità e la virtù. Il tempo – seppure nella sua concezione precarica – è concepito come uno spazio d’emergenza in cui l’uomo è chiamato a rispondere del suo essere, della sua identità, delle sue responsabilità, dei suoi valori, del suo essere qui ed ora come individuo libero.

Questa traccia essenziale proveniente dal passato, fa luce su un aspetto molto particolare ovvero, la relazione Io-Tu centrata nel presente; non è forse questa una sfera riconducibile alla Consulenza di Coppia e Familiare? L’idea del tempo – per quanta astratta possa essere – prende forma nella Consulenza in maniera del tutto peculiare nella misura in cui si traduce in Accoglienza, Ascolto e Accompagnamento. Pensiamo a siffatte dimensioni come dilazionate in uno spazio temporale comprendente un’evoluzione soggettiva e oggettiva; la prima abbraccia la crescita personale e relazionale, la seconda si riferisce alle fasi più metodologiche.

In entrambi i casi il Consulente ed il Cliente non solo hanno la possibilità di instaurare un rapporto fiducioso e autentico ma insieme, pongono le basi per edificare il loro ambito comune nel quale, poter mettere in gioco il loro essere e dal quale il professionista, può intervenire nella relazione d’aiuto; qui un pensiero, un ascolto attivo e non solo, stabiliscono un contatto con le emozioni e le parole provenienti dall’altra persona, in un processo comunicativo-empatico mirante a individuare i punti cardini su cui lavorare e a dischiudere le risorse che il Cliente riveste, affinché egli arrivi – autonomamente – ad una completa maturazione e consapevolezza del suo vissuto. Nella responsabilità di tale processo, ambedue le parti prendono atto del loro tempo valorizzandolo, al fine di essere presenti a se stessi ed esser-ci «per e con l’altro».

La complessità di questa cooperazione risiede nel fatto che il Consulente ha a che fare con l’interiorizzazione temporale del singolo e di certo non può prescindere da essa. Si ha dinanzi un’alterità che implica rispetto, apertura e cautela che tuttavia, può tradursi in intersoggettività se e solo se si opera in una causalità fondata sulla libertà ove, il tempo dell’altro non è più un limite ma un punto essenziale per non rimanere nella pura individualità. È il Cliente che permette di accogliere la sua intimità nel silenzio o nelle parole dette sotto voce, è lui a scegliere il tempo migliore per slegare i suoi nodi e allentarli e di conseguenza, l’attenzione che il Consulente deve prestare è totale e costante. La sua continuità è sinonimo di equilibrio, di cura verso l’altro la stessa che, aprendo le porte agli istanti vissuti – nel qui ed ora – dalla persona, fa sì che le fessure del suo cuore diventino la chiave per una comunic(a)zione efficace. Egli, si situa in un uno spazio riservato in cui si da la possibilità di riflettere, di emozionarsi, di chiarificare lì dove non riesce da solo. Ma, in che modo avviene questo singolare percorso?

Nella Consulenza nulla viene lasciato al caso. Il cammino inizia con quella che può essere definita “sintonizzazione relazionale” ovvero, con un primo contatto dato dalla fase di accoglienza formata da espressioni e gesti, utili a spiegare all’utente dove si trova e come avverrà l’interesse nei suoi confronti; tranquillizzarlo è un punto imprescindibile per iniziare un’adeguata conoscenza e per metterlo a suo agio. Il passo successivo, è lo spostamento nella stanza vera e propria della Consulenza: essa è il nucleo, il giardino nel quale il soggetto può compiere i suoi passi su un’asse temporale regolato in base alle sue esigenze; curare siffatta relazione equivale per il professionista anche a conformare il suo passo rispetto all’altro, a non correre non rallentare ma semplicemente muoversi in punta di piedi trattando con riguardo l’interiorità del Cliente. Da qui l’importanza del setting, cioè l’assetto dell’ambiente che è compito del Consulente preparare; il suddetto ricorda le mura domestiche, ove accoglienza e protezione risultano essere un connubio perfetto per un’apertura senza filtri. La stanza dev’essere pulita, ordinata e confortevole: ne sono testimonianza innanzitutto la presenza di due sedute poste una di fronte l’altra (o leggermente ad angolo) nonché un arredamento tenue e delicato, privo di immobili che possano causare qualsivoglia distanza tra le due persone.

Certamente la Consulenza non ha durata illimitata difatti, il Consulente deve avere ben in vista l’orologio; le lancette che scorrono nei 45 minuti dell’incontro consentono al professionista di gestire al meglio la seduta: essa deve essere soddisfacente senza sfociare nell’inutilità dovuta magari ad un affaticamento proveniente da entrambi le parti. Optare per un passaggio alla volta, non solo ribadisce la tesi precedente ma amplifica l’importanza di questo confine temporale soggettivo a volte delimitato, però capace di donare orizzonti immensi in cui rinnovare lo spirito.

«È la luce della consapevolezza che rende le cose preziose e straordinarie. E allora le piccole cose non sono più piccole. Quando un uomo, con attenzione, sensibilità e amore tocca un comune sassolino sulla spiaggia, quel sasso diventa un diamante».

Francesca Imbastaro

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