“BULLISMO? MA ANCHE NO!”

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La decisione di scrivere quest’articolo nasce perché negli ultimi anni in Italia, sono balzati alla cronaca numerosi episodi di bullismo, creando profondo allarme sociale. Il bullismo coinvolge in maniera sempre più significativa, preadolescenti ed adolescenti appartenenti ad ambienti socio-culturali allargati e si presenta dunque come un fenomeno in continua evoluzione. Se in passato questo fenomeno coinvolgeva quasi esclusivamente ragazzi appartenenti a ceti sociali svantaggiati, oggi si sta allargando anche alle altre classi sociali raggiungendo dei livelli veramente allarmanti.

Il termine bullismo è la traduzione italiana dell’inglese “bullying” ed è utilizzato per designare un insieme di comportamenti in cui qualcuno ripetutamente fa o dice cose per avere potere su un’altra persona o dominarla.

Il termine originario “bullying” include sia i comportamenti del “persecutore” che quelli della “vittima” ponendo al centro dell’attenzione la relazione nel suo insieme.

Sicuramente sono tre gli aspetti da non sottovalutare quando si cerca di definire il bullismo: l’intenzionalità, quando il bullo mette in atto dei comportamenti fisici o verbali in maniera intenzionale con lo scopo di offendere l’altro o di portargli disagio o danno; la persistenza, secondo cui l’interazione bullo-vittima è caratterizzata dalla ripetizione nel tempo di comportamenti violenti; la relazione asimmetrica tra bullo-vittima, quando le parti utilizzano il conflitto con un dislivello di forza fisica o psicologica. Per poter parlare di bullismo ci deve essere pertanto uno squilibrio nella relazione.

Il bullismo rappresenta dunque un comportamento illecito (o illegittimo) verso un altro soggetto e viene considerato come un fenomeno orizzontale, perché si concreta nell’ambito di rapporti tra soggetti formalmente appartenenti al medesimo contesto relazionale e paritario (come nel caso di compagni di scuola).

Per riuscire ad analizzare questo fenomeno nel suo insieme è importante evidenziare quali sono le figure specifiche spesso in esso presenti:

il bullo”, cioè colui che pone in atto la prevaricazione; “l’aiutante del bullo, o spalla”, cioè colui che dà un supporto concreto al bullo senza svolgere un ruolo primario; “il sostenitore del bullo, o gregario”, cioè colui che indirettamente sorregge la prepotenza attraverso segnali di condivisione ed approvazione, che rinforzano il comportamento del bullo; “la vittima”, cioè colui che è oggetto di prepotenza; “il difensore della vittima”, cioè colui che interviene attivamente per tutelare la vittima e per interrompere la prevaricazione; “l’esterno, o spettatore”, cioè colui che cerca di rimanere estraneo alle prevaricazioni non prendendo posizione né verso il bullo, né verso la vittima.

La loro caratteristica principale è l’aggressività verso i compagni e verso gli adulti, sia insegnanti sia genitori.

La forza fisica svolge un ruolo importante nel bullismo, le vittime presentano una forza fisica inferiore alla media, mentre i bulli sono più forti rispetto alla media dei ragazzi e in particolare rispetto alle vittime.

I bulli hanno un atteggiamento positivo sia verso la violenza, sia verso l’uso di mezzi violenti rispetto agli studenti in generale. Sono impulsivi e sentono il bisogno di dominare gli altri, mostrando scarsa empatia nei confronti delle vittime e hanno un’opinione positiva di se stessi.

Possiamo dunque individuare tre caratteristiche nei bulli. La prima, è che hanno un forte bisogno di potere, per questo sembra che provano piacere nel sottomettere e nel dominare gli altri. La seconda, è che considerano le condizioni familiari dove crescono, come inadeguate e per questo è possibile pensare che abbiano sviluppato un possibile grado di ostilità verso l’ambiente. Questo potrebbe spiegare perché provano soddisfazione nell’infliggere danno e sofferenza altrui. Infine, presentano una “componente strumentale”, in quanto costringono le vittime a procurare denaro, sigarette, birra e altri oggetti di valore

Ciò che li distingue dagli altri ragazzi è l’assenza di empatia, l’insensibilità ai sentimenti degli altri ed è ciò che li rende incapaci di stabilire delle relazioni positive, di creare un vero rapporto non solo con i coetanei, ma anche con gli adulti verso i quali hanno atteggiamenti oppositivi ed arroganti.

Secondo uno studio svolto dal professore Dieter Wolke dell’ Università di Warwick in Gran Bretagna, e pubblicato sulla rivista  The Lancet Psychiatry, i bambini vittime di bullismo, da adulti, sarebbero più esposti al rischio di danni psicologici, rispetto ai coetanei che hanno subito maltrattamenti da parte degli adulti (maltrattamenti in famiglia). Secondo la ricerca, i danni del bullismo, le prevaricazioni, le violenze, fisiche e psicologiche, commesse da altri bambini segnerebbero profondamente la psiche del bambino con conseguenze anche maggiori rispetto a chi subisce violenze dagli adulti. Nei bambini e negli adolescenti che subiscono bullismo il rischio di diventare persone ansiose da adulti è molto più elevato, addirittura, secondo lo studio, sarebbe cinque volte maggiore rispetto a coloro che hanno subito maltrattamenti di altro tipo. I danni del bullismo sarebbero maggiori anche per quanto riguarda il rischio di depressione e gli atti di autolesionismo che secondo la ricerca sarebbero due volte maggiori.

La letteratura distingue tre forme principali di bullismo:

  1. Bullismo diretto (attacchi fisici e/o verbali relativamente aperti nei confronti della vittima);

  2. Bullismo indiretto (isolamento sociale e intenzionale esclusione dal gruppo);

  3. Bullismo elettronico (attraverso internet, telefoni cellulari, ecc. Ad esempio attraverso la diffusione di messaggi diffamatori).

Il bullismo viene tradizionalmente considerato un fenomeno orizzontale, perché si concreta nell’ambito di rapporti tra soggetti formalmente appartenenti al medesimo contesto relazionale e paritario (come nel caso di compagni di scuola). Vi è, quindi, un contesto formale comune, a cui fa capo un contesto sostanziale asimmetrico, in quanto un soggetto è più debole degli altri e finisce per divenire vittima di fenomeni di bullismo.

Quindi il bullismo si manifesta in varie forme e con diverso grado di intensità, di gravità e di visibilità.

E’ possibile cogliere segnali e indici di gravità e di rischio fin dai primi anni della scuola primaria (e della scuola dell’infanzia), attraverso un’attenta valutazione delle modalità in cui vengono agiti i comportamenti di prepotenza fisica, verbale o indiretta e del grado di contatto emotivo (e di conseguente capacità empatica e di impegno morale) manifestato dagli alunni attori di prepotenza; in misura minore si possono cogliere i segnali e gli indici di coloro che tendono ad essere imbrigliati nel ruolo di vittima.

Per poter contrastare il bullismo bisognerebbe: Promuovere il benessere; Prevenire comportamenti di prepotenza e di vittimismo tra i bambini/ragazzi; Rafforzare l’autostima e l’identità personale; Riconoscere le proprie emozioni ed esprimerle in modo adeguato; Prevenire il disagio scolastico; Prevenire la dispersione scolastica; Promuovere interventi di collaborazione, tutoring, supporto e aiuto reciproco; Riconoscere l’importanza delle regole per la convivenza democratica.

Valentina Mancini

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