Spugna, imbuto o specchio?

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La domanda più frequente nei primissimi incontri del Corso è stata: “Chi è, secondo voi, il Consulente Familiare?”. E via tutti con le definizioni.

Figurativamente parlando, all’inizio di questo percorso formativo, pensavo che la figura del Consulente Familiare fosse paragonabile ad una spugna. Una spugna perché si fa carico di tutte le emozioni e le problematiche del cliente, le “assorbe” in un certo senso. Ma la spugna, proprio perché assorbe, quando si immerge in un liquido arriva a saturazione, non trattiene più l’acqua ed inizia a sgocciolare. Lo stesso rischio ho pensato potesse valere per un Consulente: se non riesce a prendere la giusta distanza ed assorbe troppo, viene sopraffatto dalle emozioni (sue e dell’altro) e non è più in grado di aiutare il cliente.

No, la spugna non va bene.

Allora mi è venuta in mente l’immagine di un imbuto, perché il Consulente in un certo senso raccoglie i pensieri del cliente e li incanala, per aiutarlo ad individuare il problema. Però ho pensato che questo non fosse sufficiente, perché è vero che l’imbuto restringe il passaggio, ma fa passare tutto esattamente così come è entrato e alla fine non riordina il contenuto, viene solo “canalizzato”.

E allora niente imbuto!

Infine, andando avanti con il percorso formativo, ho pensato all’immagine di uno specchio. In effetti, questa è quella che mi sembra più vicina, in quanto attraverso l’ascolto attivo e la riformulazione il Consulente rimanda al cliente le emozioni/problematiche che ha espresso, proprio come uno specchio rimanda la propria immagine e ti permette di vederti meglio.

Però, mi sono detta, anche allo specchio manca qualcosa.

E riflettendoci bene, sono arrivata alla conclusione che in parte sono tutte e tre vere, ma nessuna è sufficiente da sola, né deve essere esclusiva. Come ogni buona ricetta è fondamentale dosare bene gli ingredienti.

Per questo credo che un buon Consulente debba essere:

  • “spugna”: perché favorisce la possibilità di entrare in relazione con l’altro, di entrare in empatia con il cliente, mettersi nei suoi panni pur essendo altro;

  • “imbuto”: per la capacità di filtrare in modo ordinato gli argomenti espressi dal cliente, così da comprendere cosa ci sta dicendo ed essere in grado di selezionare quelli effettivamente rilevanti;

  • “specchio”: per poter restituire al cliente, attraverso la riformulazione, i concetti da lui espressi in modo che egli possa vedersi meglio, essere più consapevole delle sue percezioni, sensazioni e della sua problematica per poter quindi proseguire nella relazione di aiuto.

 

FEDERICA MOROLLI

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